Cartesio

 Cartesio

pensatore della massima importanza-> considerato come "padre della filosofia moderna" per aver spostato il fulcro della ricerca filosofica sul soggetto e sulla razionalità.

Il progetto cartesiano consisteva nello scoprire le reali possibilità della ragione umana. Cartesio si interroga sui meccanismi di funzionamento della conoscenza umana. La sua insoddisfazione nasce dall'assenza di un metodo capace di guidare il cammino della conoscenza e di confrontarsi con le conquista della scienza e della matematica. Il suo dubbio rappresenta un mezzo per sgombrare il terreno dalle opinioni false accumulate durante i secoli e raggiungere poche verità su cui fondare il nuovo edificio del sapere. 

L'importanza della ragione

Cartesio ha una prospettiva ottimistica nell'impresa filosofica. Egli ritiene, infatti, che la conquista del sapere non sia impossibile né difficile, a patto che si adotti un adeguato metodo di indagine. Infatti, Cartesio scrive un discorso sul metodo, in cui all'inizio sottolinea che il “buon senso”, quindi la capacità di discernere il vero dal falso e di accostarsi alla verità, è “la cosa meglio distribuita nel mondo”, in quanto tutti gli uomini la possiedono. Secondo Cartesio però, non basta essere dotati di una buona intelligenza: l'essenziale è applicarla bene.

Il problema del metodo

Fin dall'opera giovanile “regole per la guida dell'intelligenza (1628)”, Cartesio osserva che l'aritmetica e la geometria dispongono di un ottimo metodo, poiché sono discipline che vertono su un oggetto ben definito e chiaro e non ammettono nulla che non sia supportato da dimostrazioni.

metodo: Il termine metodo, significa “cammino che porta avanti” (dalla parola greca mèthodos). In Cartesio indica il procedimento ordinato dalla ricerca della verità, basato su alcune regole essenziali.

Le quattro regole del metodo cartesiano

Chi volesse intraprendere la ricerca della verità, dovrà seguire quattro regole formulate da Cartesio: 

  1. la regola dell'evidenza: cogliere come vero soltanto ciò che è evidentemente tale. Quindi, essa invita ad accettare come vero soltanto ciò che la mente può intuire senza alcuna confusione. 
    Un'idea è chiara quando si afferma in modo vivido e immediato: si tratta di un'esperienza che si impone con tale forza che non possiamo non esserne consapevoli. 
  2. la regola dell'analisi: dividere ogni problema nelle sue parti elementari, in modo tale da rendere più facile la soluzione del problema stesso
  3. la regola della sintesi: procedere nella conoscenza passando dagli oggetti più semplici a quelli più complessi, attraverso gradi successivi. Tutte le verità derivano le une dalle altre e sono legate reciprocamente tra loro (secondo un ordine deduttivo-matematico)
  4. la regola dell'enumerazione: fare sempre enumerazioni complete e revisioni generali, così da essere sicuri di non omettere nulla. Essa invita a verificare attentamente che, durante l'analisi o scomposizione di un problema nelle sue parti semplici, non venga dimenticato nessun elemento importante o che venga trascurato un rapporto necessario che collega una conoscenza all'altra. 

Dubbio metodico e dubbio iperbolico

Prendendo come esempio la prima regola del metodo, che ci prescrive di accettare come vero soltanto ciò che si presenta evidente, implica lo stesso tempo che dobbiamo dubitare di tutte le cose che non offrono tale garanzia. Ma come fare in concreto? In questo caso occorre applicare il dubbio in modo rigoroso, assumerlo come procedimento metodologico per valutare se sussiste qualcosa che inevitabilmente si sottrae adesso. Per questo il dubbio cartesiano viene definito “metodico”.

Quattro anni dopo, il filosofo mette in dubbio l'intera realtà, a partire da quella sensibile: i sensi a volte ci ingannano. Dunque, secondo Cartesio, è giusto non dare loro completa fiducia, Tuttavia ci sono conoscenze che dobbiamo considerare vere. Tali le conoscenze sono quelle semplici e chiare dell'aritmetica e della geometria, che ci dicono, ad esempio, che 3+2=5…

Per quanto appaiono chiare ed evidenti, anche su questa verità è possibile esercitare il dubbio. Infatti, finché non abbiamo raggiunto un punto certo, possiamo sempre supporre di essere stati creati non da un Dio buono e saggio, ma da un genio maligno che ci vuole ingannare, facendoci credere che 3+2=5, quando in realtà non è così. Quindi, in conclusione, secondo Cartesio dovremmo supporre che tutto ciò che vediamo, sentiamo, immaginiamo e giudichiamo, in realtà sia falso e ingannevole. Si parla di un “dubbio iperbolico”. 



Il cogito

Io posso ammettere di dubitare di tutto, di ingannarmi ed essere ingannato, ma di una cosa devo essere certo: per ingannarmi o essere ingannato devo esistere. Pur avendo un dubbio radicale, devo ritenere di aver raggiunto almeno una verità certa e indiscutibile, della quale non posso dubitare. 
Dunque: io penso, io esisto (in latino, cogito ergo sum): l'unica verità di cui non dobbiamo dubitare. 

Le critiche al cogito 

Vista l'importanza del cogito, gli studiosi si sono interrogati sulla struttura logica che presenta. La domanda che si pongono è: siamo davanti a un ragionamento deduttivo e un sillogismo?
Già i contemporanei di Cartesio accusarono il filosofo di aver adoperato un sillogismo in cui manca la premessa maggiore. Infatti, per esprimerlo in tutta la sua completezza, il sillogismo dovrebbe avere la seguente forma: 

  1. premessa maggiore: "tutto ciò che pensa esiste"
  2. premessa minore: "io penso"
  3. conclusione: "dunque, io esisto"
Il cogito dunque, dipende da un'altra premessa non sottoposta al dubbio. Cartesio viene accusato del fatto di aver utilizzato la logica aristotelica da cui voleva distaccarsi. 
Cartesio risponde a tali accuse sostenendo che cogito, ergo sum sia un'intuizione immediata. Quindi, "pensare" ed "essere" non sono due momenti distinti, ma due aspetti di un'unica esperienza intuitiva.



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